La love story di
Vendola si è trasformata in una di quelle infinite soap-opera di duecento
puntate o giù di lì. Una “Cento vetrine” in salsa politica. Ognuno dice la sua,
i fotografi nascosti nei paraggi del leader del Sel nella speranza di
immortalarlo mano nella mano col compagno, il Pd usa le stesse parole dei
“bravi” di don Rodrigo («questo matrimonio non s’ha da fare»), c’è chi minaccia
di andarsene dal partito e c’è chi, come Casini, dichiara pressoché impossibile
un’alleanza con Nichi. E lui fa il protagonista, regalando una sorpresa in ogni
puntata della telenovela: «A 54 anni voglio dire che mi voglio sposare col mio
compagno e lo rivendico»; «I sogni d’amore si coronano con i fiori d’arancio e
il lancio dei confetti»; «Desidero un matrimonio in Puglia»; «Se ora potessi
fare quello che voglio, farei un figlio»; «Farei il padre forse meglio di come
ho fatto il politico». Un bel ventaglio di dichiarazioni a effetto. Su cui,
come detto, mette becco ogni giorno qualche esponente “democratico”. L’ultimo è
stato Beppe Fioroni: «Io posso desiderare di avere una casa al mare – ha detto
l’esponente del Pd – e di avere una bella macchina. Ma il desiderio di avere un
figlio deve rispettare il diritto naturale che ha un figlio, cioè avere un
padre e una madre». L’unica cosa certa, in tutta questa faccenda, è che il
racconto infinito della love story, con tanto di talk show politico alla fine
di ogni puntata, è diventato stucchevole perché – con tutti i guai che hanno –
agli italiani non gliene frega niente dei desideri matrimoniali di Nichi. Anche
perché l’unico Vendola che piace a tutti è quello imitato da Checco Zalone: non
cerca fiori d’arancio, non si trascina dietro i commenti della Bindi e di
Casini. E soprattutto fa ridere. Di gusto.
Girolamo Fragalà