Nel
dettaglio, il decreto sulla privatizzazione di Banca d'Italia prevede: aumento del capitale sociale da 176.000 euro a 7,5 miliardi;
tassa una tantum per la rivalutazione delle quote al 12% (quindi con 900
milioni scarsi se la cavano ed il governo si accontenta); possibilità (questa
invece per sempre) di distribuire dividendi sino al 6%, pari a 450 milioni
all'anno di regalo (conoscete altri investimenti che ad oggi garantiscano il
6%?); allargamento delle partecipazioni a tutte le banche, assicurazioni, fondi
pensione privati che, essendo tali, possono anche divenire di proprietà
straniera (finora i soci erano le principali banche provenienti dalla natura di
istituto pubblico, senza libertà di commercializzare le quote e di prelevare
utili).
Insomma,
una marchetta a finanzieri, massoni e criminalità organizzata (notoriamente ben
inserita nei salotti della finanza). Il tutto, senza che al Quirinale
venisse il dubbio che un argomento del genere non potesse essere trattato per
decreto, inserito surrettiziamente in mezzo ad altri argomenti.
Tratto dall’articolo “Banca d’Italia: un
furto senza destrezza” dell’on. Massimo Corsaro