Hanno
ragione i sindaci dei Comuni salentini a preoccuparsi per le prospezioni
finalizzate alla ricerca di idrocarburi. L’eventuale estrazione del petrolio metterebbe
a rischio, oltre l’ecosistema, anche la vocazione turistica del territorio. Ma
il rischio non proviene solo dalle trivelle sulle coste salentine.
Sappiamo che il Mediterraneo, è un mare
intercontinentale, un bacino semichiuso. Il ricambio completo dell'acqua
avviene all'incirca in 90 anni. Pur rappresentando meno dell’1% della
superficie complessiva di tutti i mari del pianeta, accoglie oltre il 20% del
traffico mondiale marittimo di prodotti petroliferi. Già oggi è soggetto ad un
forte inquinamento delle acque a causa dell’elevata immissione di idrocarburi.
Cosa accadrà quando Croazia, Montenegro e Grecia, oltre all’Italia, daranno via
libera alle multinazionali petrolifere per la ricerca e per l’estrazione degli
idrocarburi?
E’ già successo con la Exxon
Valdez, la petroliera della Exxon Mobil incagliatasi su una
scogliera in Alaska il 24 marzo 1989.
La nave era una superpetroliera e disperse in mare buona parte del
suo carico: quasi 50 milioni di litri di petrolio. E’
successo nuovamente con l’incendio sulla piattaforma petrolifera della British
Petroleum –dal fondale il petrolio risaliva riversandosi in mare-che nella
primavera del 2010 riversò 5 milioni di barili di petrolio nelle acque del
Golfo del Messico.
Quindi,
decisamente no alle trivelle nel mare “salentino” (e no alle trivelle in tutto
il Mar Mediterraneo) e piena adesione al “sit-in” promosso dal Movimento
Regione Salento.
Roberto
Tundo dirigente
nazionale di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale