“Oggi a Melissano non ci sono più le sezioni,
o i circoli dei partiti politici”, scrive, mi pare di cogliere con una
qualche vena di sacrosanta malinconia, Roberto Tundo, (nella foto)
sul finire di questo suo nuovo lavoro editoriale, “Melissano dal dopoguerra
ad oggi visto da destra“, appena uscito per i tipi della 5 Emme di
Tuglie (208 pagg. s.i.p.).
Dove il termine ’destra’ era ed è solo un’etichetta di
comodo, da cui andare oltre.
Già autore, qualche anno fa, di una
iconografica raccolta “Le storie della destra salentina”, adesso l’autore
focalizza l’obiettivo sul suo paese di origine, usando sempre lo stesso metodo
di collage, di foto, articoli di giornale, riferimenti e citazioni. Ne viene fuori una lettura veloce quanto piacevole, e
soprattutto, per chi tiene ancora e sente dentro di sé certi valori,
appassionata e appassionante.
Un’ autobiografia in prima persona, capace di elevarsi
dall’esperienza privata, ad un dato oggettivo, di importanza pubblica. Il personale è politico, no? Dicevano e dicevamo pure noi così, da ragazzi.
Roberto Tundo sa, per antica, antica nel senso di
nobile, scuola, poi, che le radici non gelano, sì, proprio come ama ripetere.
Sono là che ci sostengono, solide, quando affondano nel terreno della
passione, nello studio, nella preparazione, nell’elaborazione culturale,
dell’attivismo quotidiano, nella dedizione, nell’onestà intellettuale. Possono
resistere alla Cernobyl culturale degli ultimi decenni, all’omologazione
materialistica sopravvenuta, pure al pensiero del partito unico con dinamica
autoritaria del mainstream attuale che vorrebbero imporci. E rifiorire, trovare nuovi sbocchi e farci fare
ulteriori acquisizioni ideali, per noi stessi, per la nostra Comunità.
La sua, quella di Melissano, di cui egli ripercorre
qui, come detto, la Storia, da quando al referendum istituzionale in quel paese
il Re prese il 90% dei consensi, passando ad un sindaco che sembrava dovesse
fare il sindaco a vita, una specie di Ceausescu in salsa salentina, fino a
quando di recente, travolto fra l’altro dal dissesto economico provocato, ha
lasciato il posto ad una nuova amministrazione.
Melissano è un paese bellissimo, le palme allineate
all’uscita dalla Statale, come sanno essere belli i paesi del nostro Salento,
di stradine che volano con la tramontana d’inverno, e respirano a fatica con lo
scirocco d’estate, di case caratteristiche e di villette, di spazi verdi e di
periferie solitarie, di suoni e di profumi, con le loro tradizioni, le loro
attività, a pochi chilometri dal mare, i loro rapporti ancora a dimensione
umana.
Un paese che stava morendo lentamente, giorno dopo
giorno, perché lentamente muore chi non rovescia il tavolo, per la mancanza di
entusiasmo, con le sezioni dei tifosi delle squadre di calcio di serie A, e
nemmeno del Lecce, dell’Inter, del Milan, della Juve, voglio dire, che hanno
preso il posto di quelle mitiche sezioni dove Nietzsche e Marx si davano la
mano, e ogni tanto, ma più spesso, almeno qui più che altrove, si davano pure
qualche cazzotto.
Con tutto il rispetto, passare dal dibattere sulle
tattiche di Lippi e Mourinho, anziché su quelle di Berlinguer e Almirante,
è stata una catastrofe.
Un paese che potrebbe essere la Città del Sole della
cultura e dell’imprenditoria, che potrebbe vivere felice, di turismo, di pesca,
di agricoltura, di terra e di mare, oltre che di Bellezze naturali, abbandonato
invece al degrado, alla rassegnazione, al fatalismo, gli atavici mali al Sud
del Sud dei Santi, e che solo da poco, rovesciato il tavolo, sta cercando
invece di ripigliarsi, invertendo la china, per risalire a galla, per offrire
ai giovani alternative concrete, alle facili quanto squallide derive
dell’abbrutimento, che non siano l’emigrazione, o lo sfruttamento a vari
livelli della criminalità più o meno organizzata.
I giovani, già. Ora che Roberto Tundo è diversamente
giovane, può dare loro tantissimo, e all’intera Comunità salentina. Ora che ha finito di scrivere memorie, scriva nuove
pagine, di impegno e di passione, alla conquista di futuro. Per il futuro, non per il passato. Ragazzi, questo libro a tratti mette i brividi.
Roberto Tundo si impegnava a denunciare i pericoli
dell’uso e dell’abuso della plastica, faccio solo questo esempio, piccolo, ma
emblematico, desunto dalla mia lettura appena terminata, e organizzava teoria
di contrasto e pratica di ripulitura in materia, mezzo secolo fa.
Quaranta, cinquanta anni fa, denunciava i pericoli
della desertificazione del territorio, dico, oggi che il Salento è triste
leader nazionale nel settore, tanto per capirci.
Faceva grafica, fotografia, editoria, musica,
elaborazione culturale continua, perché aveva imparato che le teste è meglio
che riempirsele con i libri, anziché spaccarsele con le spranghe, o stonarsele
di schifezze varie. Esprimeva il disagio, ma pure l’agio di porsi contro.
Roberto Tundo stampava pure un giornale d’avanguardia,
negli anni Ottanta, la Contea, si chiamava, nome mutuato da Tolkien, e così
scriveva, allora: “Anche nel Salento, come nella Contea degli Hobbit, le
Forze del Male cercano di sconvolgere il delicato e sereno equilibrio di questa
nostra terra”.
Ahimè, discarica dopo discarica, trivella dopo trivella,
Ilva dopo Cerano, gasdotto dopo gasdotto, pesticida dopo erbicida, ci stanno
riuscendo. Ma non è ancora detto.
Roberto Tundo sa – per antica scuola – che le idee
sono importanti: le idee che mossero il mondo, sono capaci di muoverlo ancora,
e sa pure che le idee camminano con le gambe degli uomini. E’ tempo questo di ripigliare il cammino, su quella
linea futura che egli sa, ha tracciato e può indicare, e così di tornare a
combattere.
Giuseppe Puppo