“Tito Tito maresciallo assassino” era il ritornello di una
canzone della compagnia dell’Anello molto amata dai giovani di destra a cavallo
tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Oggi c’è ancora chi nel nome dell’antifascismo
militante e della resistenza partigiana, invece, fa il tifo per l’ex presidente
jugoslavo. A dieci giorni dalla “Giornata del ricordo” istituita nel 2004 per «non
dimenticare» la tragedia dell’esodo giuliano-dalmata e lo scempio delle foibe
titine, si riaffacciano qua e là i nostalgici della guerra civile, i
negazionisti, gli irriducibili del braccio di ferro ideologico. “In fondo se lo
sono meritata – è la vulgata della resistenza torinese guidata dall’Anpi – le
vittime delle foibe sono criminali di guerra e non meritano il riconoscimento
dello Stato italiano”. Complice la campagna elettorale che non risparmia toni
duri e colpi bassi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha organizzato
proprio per il 10 febbraio a Torino l’immancabile presidio “antifascista per la
pace e la democrazia” con una mostra fotografica tutta ispirata all’equazione
genocidio italiano uguale reazione legittima alle violenze fasciste. Peggio
dell’oblio, siamo alla riedizione dell’odio ideologico contro il male assoluto
da estirpare con tutti i mezzi. Tra i primi a reagire il consigliere Maurizio
Marrone, classe 1982, capogruppo pidiellino al comune di Torino oggi in
Fratelli d’Italia: «È una provocazione che giustifica il genocidio antitaliano
e uccide le vittime per la seconda volta». Non è retorica di parte ricordare la
storia di migliaia di italiani,legate col filo spinato, passate per le armi e
precipitate ancora vive nelle foibe. E non è la favoletta raccontata dalla
destra nostalgica e passatista. Basta andarsi a rileggere le parole pronunciate
da Giorgio Napolitano in occasione del 10 febbraio 2006 che attribuiscono
l’origine delle foibe a «un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno
annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel trattato di pace del 1947,
e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica.