sabato 2 febbraio 2013

TORINO: I NOSTALGICI DEL FILO SPINATO


“Tito Tito maresciallo assassino” era il ritornello di una canzone della compagnia dell’Anello molto amata dai giovani di destra a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Oggi c’è ancora chi nel nome dell’antifascismo militante e della resistenza partigiana, invece, fa il tifo per l’ex presidente jugoslavo. A dieci giorni dalla “Giornata del ricordo” istituita nel 2004 per «non dimenticare» la tragedia dell’esodo giuliano-dalmata e lo scempio delle foibe titine, si riaffacciano qua e là i nostalgici della guerra civile, i negazionisti, gli irriducibili del braccio di ferro ideologico. “In fondo se lo sono meritata – è la vulgata della resistenza torinese guidata dall’Anpi – le vittime delle foibe sono criminali di guerra e non meritano il riconoscimento dello Stato italiano”. Complice la campagna elettorale che non risparmia toni duri e colpi bassi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia ha organizzato proprio per il 10 febbraio a Torino l’immancabile presidio “antifascista per la pace e la democrazia” con una mostra fotografica tutta ispirata all’equazione genocidio italiano uguale reazione legittima alle violenze fasciste. Peggio dell’oblio, siamo alla riedizione dell’odio ideologico contro il male assoluto da estirpare con tutti i mezzi. Tra i primi a reagire il consigliere Maurizio Marrone, classe 1982, capogruppo pidiellino al comune di Torino oggi in Fratelli d’Italia: «È una provocazione che giustifica il genocidio antitaliano e uccide le vittime per la seconda volta». Non è retorica di parte ricordare la storia di migliaia di italiani,legate col filo spinato, passate per le armi e precipitate ancora vive nelle foibe. E non è la favoletta raccontata dalla destra nostalgica e passatista. Basta andarsi a rileggere le parole pronunciate da Giorgio Napolitano in occasione del 10 febbraio 2006 che attribuiscono l’origine delle foibe a «un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica.